BOBOROSSO!
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- Pubblicato Venerdì, 23 Aprile 2021 14:15
- Scritto da Greta Petacco
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BOBOROSSO
Origine dei nomi dei Partigiani
Con l’approssimarsi del 25 aprile, ci ritroviamo per il secondo anno consecutivo a non poter festeggiare questa importantissima data con i consueti eventi organizzati, negli anni precedenti, dall’ANPI e dal Museo della Resistenza di Fosdinovo, e per tale ragione ho deciso di onorare questa festività parlando di una delle tesi presentate durante il ciclo d’incontri Castelnuovo si ricerca, proprio a tema partigiani.
La giovane castelnovese Laura Bologna, laureata in lettere moderne all’università di Pisa, lo scorso 4 agosto 2020 ha presentato la sua tesi di laurea dal titolo «Boborosso, che paura! Riti e nomi di battaglia dei partigiani della Val di Magra». A presentare il suo lavoro l’assessore alla cultura e pubblica istruzione Katia Cecchinelli e Simona Bussini, presidente della sezione ANPI di Castelnuovo Magra. Perché questa ricerca? Laura ci informa fin da subito che la sua tesi non nasce così come l’ha presentata a noi, ma scaturisce dall’iniziale volontà e curiosità di capire e studiare dal punto di vista linguistico quale fosse l’origine di alcuni soprannomi famigliari del nostro paesino. Dopo aver letto la storia della nostra cara Vanda Bianchi, nome di battaglia Sonia, e grazie al prezioso aiuto di Pino Marchini, iniziò ad interrogarsi: “Tutti i partigiani avevano un nome di battaglia? E se sì, da dove derivano e come venivano scelti?”.
Comincia così la sua ricerca attraverso documenti storici e le memorie dei partigiani, entrando così a far parte di quella ristrettissima cerchia di studiosi che hanno approfondito la questione dei nomi di battaglia: sì perché nel Nord Italia sono solo 4, compresa lei, gli studiosi ad aver analizzato tale questione.
“Avere un nome di battaglia non era solo una questione di sicurezza – afferma Laura – ma significava cambiare la propria identità ed entrare a far parte di un mondo epico. Era come una specie di rituale".
La tesi si divide in tre parti, la prima incentrata sull’identità partigiana, ovvero la scelta di partire e lasciare gli affetti più cari per combattere l’invasore ed entrare a far parte della brigata partigiana, la nuova famiglia, proprio partendo dalla scelta del nome di battaglia. Nella seconda parte, dopo aver ricercato e riunito tutte le testimoniante possibili, cartacee e verbali, e grazie allo spoglio di ogni singolo nome, ha potuto creare 18 classi nominali che descrivono la tipologia e l’etimologia del nome di battaglia: vi sono i nomi battesimali fasulli, ovvero nomi e cognomi che non corrispondevano alla realtà, nomi avventurieri, nomi classici della letteratura, religiosi, dialettali o descrittivi dell’aspetto fisico e via dicendo. Le donne, senza le quali la resistenza non sarebbe stata possibile, eroine attive in prima linea trasportando armi e stampa clandestina, generalmente assumevano nomi più dolci come “Cicci” o “Pucci”.
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