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La barca di Baicio

La barca di Baicio

Da quando esiste il ponte della Colombiera pochi ricordano come, in precedenza, si attraversava il fiume da Fiumaretta a Bocca di Magra.

La Bocca, come la chiamavano gli artisti italiani e stranieri: scrittori, poeti e pittori che nella seconda metà del secolo scorso l’hanno frequentata, era diventato, il buen retiro, luogo di vacanze e di incontri tra intellettuali.

Infatti intorno all’editore Giulio Einaudi, si riuniva una numerosa comunità intellettuale tra i quali Italo Calvino, Hans Deichmann, Salvatore Quasimodo, Sergio Solmi, Carlo Emilio Gadda, Mary Mc Carthy, Cesare Pavese, Valentino Bompiani, Mario Soldati, Giovanni Giudici, Franco Fortini, Vittorio Sereni e altri. Addirittura Marguerite Duras ambientò qui il suo romanzo “Il marinaio di Gibilterra”e Eugenio Montale la poesia “Il ritorno” 

Non è di questi grandi nomi di cui voglio scrivere ma dei “traghettatori”, umili pescatori o contadini, o entrambe le cose, che si adoperavano per trasportare da una sponda all’altra del fiume persone e cose con delle piccole barche dal fondo piatto chiamate burchielle.

Imbarcazioni che si trasformarono col tempo in chiatte di legno e riuscivano a traghettare, oltre alle persone, una, al massimo, due automobili.

Di questi “novelli Caronte” ne ricordo due in particolare: “Duilio” di Bocca di Magra citato anche da molti scrittori dell’epoca.

Margherita Duras ne parla come un provetto barcaiolo che trasportava lei e la sua compagnia da Bocca a Fiumaretta, per andare a cena e poi ballare, al Pilota. Pazientemente Duilio aspettava i festaioli per riportarli, a fine serata e non del tutto sobri, al di la del fiume.

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