Dagli U.S.A. alla Brianza
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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Domenica, 20 Aprile 2014 17:33
- Scritto da Ariodante Roberto Petacco
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DAGLI U.S.A. ALLA BRIANZA
Tutto mi sarei aspettato meno che di vedere un film di paolo Virzì trarre le sue origini da un romanzo americano per di più da uno degli scrittori contemporanei che più apprezzo quello Stephen Amidon di cui ne sono stati tradotti almeno tre anche da noi nell’indifferenza generale.
È pur vero che il regista livornese qualche anno fa aveva avuto una travagliata esperienza con “MY NAME IS TANINO” (2002) girato proprio da quelle parti con vicende produttive tragicomiche che ne avevano ritardato in maniera forse decisiva sia il compimento che l’uscita, vicende dovute alla crisi del produttore Cecchi Gori. Comunque questo suo “ CAPITALE UMANO” si inserisce con perfetta sintonia ed autorevolezza in un cinema d’autore che ha fatto di Virzì un punto di riferimento sicuramente autorevole nel panorama attuale della nostra cinematografia sempre data per agonizzante seppure mai doma. Siamo in Brianza e tralasciamo subito le pretestuose polemiche di leghisti e dintorni che si sono spesi comicamente per contestare la veridicità dell’immagine che di quei lidi l’autore ci propone; bastano ed avanzano i fatti che quotidianamente sono sotto gli occhi di tutti. Dunque la storia del film intreccia le esistenze di due famiglie che per le ragioni più banali vengono a contatto ravvicinato: una è composta da un agente immobiliare un po' cialtrone un po' furbastro con seconda moglie e figlia adolescente avuta da una precedente unione, l’altra da un finanziere rampante ricchissimo e prepotente che sta scalando rapidamente attraverso la disinvolta gestione di fondi di investimento il gotha del settore. È sposato con una donna ricca, annoiata e delusa per aver trascurato velleità di impegno vagamente culturale,ha un figlio che intrattiene una relazione con la ragazza dell’immobiliarista. Questi, ammaliato dal fascino di una ricchezza facile rappresentata dal mago della finanza si imbarca in una montagna di debiti per avere accesso e prospettive al bel mondo dei ricchi. Un incidente stradale di apparente incerta origine porta alla morte di un cameriere,le indagini portano sulle tracce di un possibile coinvolgimento dei due giovani, la storia si impenna in una sorta di giallo che vede coinvolte pesantemente le due famiglie anche perché negli sviluppi della vicenda seguiamo da una parte la volontà dei singoli di dare corpo ai rispettivi sogni e dall’altra ci rendiamo conto che sopratutto negli adulti ma non solo i comportamenti sono dettati più dal volto di cialtronesche nullità prive assolutamente di qualsivoglia empito che vada al di sopra della cintola che da propositi virtuosi. Il quadro rappresentato dallo squallido imprenditore, dal gelido speculatore con la nevrotica moglie ed il figlio viziato sembrano mostrare sopratutto un nulla quasi genetico di fronte anche alle responsabilità più evidenti, se a questi aggiungiamo alcuni personaggi minori come un meschino intellettuale coinvolto nella trama ci rendiamo conto che Virzì ancora una volta e per fortuna pur attraverso il grottesco che talvolta tracima nel comico continua nella sua analisi impietosa ed affilata attraverso la quale ci riporta, come del resto ha fatto in passato, ad un ritratto più vero del vero della nostra realtà umana, sociale, intellettuale, politica, economica e ancora e ancora.
Sceneggiato con totale bravura dal compagno di tante avventure filmiche e concittadino, sono livornesi e per fortuna si sente, Francesco Bruni e Francesco Piccolo con perfetta ed adeguata attenzione e rispetto al bel romanzo da cui è tratto il film si avvale di un cast tanto felicemente interprete della storia da potersene assumere parte del merito: da Fabrizio Bentivoglio a Fabrizio Gifuni, da Valeria Bruni Tedeschi a Valeria Golino, da Luigi Lo Cascio a Bebo Storti (solo un cammeo ma quanto significativo) è un rincorrersi di bravure che lasciano estasiati. Un’opera convincente e matura del tutto necessaria che ridendo ci castiga non tralasciando momenti in cui il tutto si scioglie in una inevitabile lezione magistrale.
Ariodante Roberto Petacco