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RACCONTI DI CONFINE

RACCONTI DI CONFINE

Denis Villeneuve , canadese di origine, si era imposto qualche anno fa col dolente e suggestivo “ La donna che canta “ ( 2010 ) per poi confermarsi con “ Prisoners “ autore capace di unire interessi di trame complesse con uno stile teso che ricorda in qualche modo l’azione dei film di Michael Mann. In questo suo “ SICARIO “ affronta una storia intrecciata con luoghi ed avvenimenti di tragica attualità,: siamo sul confine tra il sud degli Usa ed il nord del Messico dove imperversa la lotta tra i rappresentanti della legge ed i narcotrafficanti ed in un inizio folgorante un gruppo di agenti si trova al centro di un atto di violenza inaudita che con micidiale precisione mostra il livello di atrocità che da tempo contrassegna questo ambito di realtà. Tra gli agenti americani coinvolti l’agente del Fbi Kate Macer rappresenta la volontà di rispettare le regole in tutte le circostanze per poter conservare la propria dignità. Viene contattata dalla Cia per una azione oltre confine , in Messico, per poter catturare uno dei massimi esponenti del narcotraffico. Accettando si renderà ben presto conto che per raggiungere il risultato sarà necessario passare oltre le regole del diritto ma non solo, del gruppo operativo fanno parte tra gli altri il responsabile della missione Matt Graver ( James Brolin ) ed un misterioso Alejandro ( Benicio Del Toro ) nel ruolo di un consulente profondo conoscitore della realtà messicana.

L’ingresso in Messico si presenta da subito un passaggio che porta direttamente all’inferno, tra El Paso e Ciudad Juarez emerge un mondo di assoluta negazione di qualsiasi tipo di normalità. In una ininterrotta serie di sequenze lo spettatore si troverà , penso allibito, alle prese con una declinazione del male assolutamente impensabile. Crudeltà, mancanza di scrupoli, violenza la faranno da padroni in una vorticosa corsa verso un finale spiazzante. Detta così sembrerebbe un classico violent movie ma c’è dell’altro: la riluttante Katie stenta ad accettare la regola della mancanza di regole e con frequenza si scontra coi colleghi sull’opportunità e la giustezza delle scelte, questo permette al film di essere costantemente attraversato da momenti in cui attraverso confronti anche accesi si entri nella dimensione politica, quasi filosofica, della responsabilità e delle connivenze che permettono che il male diventi accettabile se non essenziale. Una bella storia che partendo dall’appartenenza al genere ( e non ci sarebbe niente di male ) ci porta ben presto in direzioni più articolare e complesse. Servito da una fotografia di Roger Deankins splendida e determinante questo film affascinante e terribile si affida ad un cast di attori di grande spessore illuminato da una grande Emily Blunt ( Kate Macer ).

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