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Cinzio Marchi (il viaggiatore immobile)

CINZIO MARCHI
Il viaggiatore immobile

Qualche giorno prima di Pasqua è morto Cinzio Marchi il più grande poeta della Mandiferro come ironicamente si definiva lui stesso. Ma Cinzio non era solo poeta, era un lettore onnivoro, un uomo di cultura, una persona di grande onestà morale e intellettuale.
Cinzio MarchiConoscevo Cinzio fin da ragazzo, almeno da quando abbiamo frequentato la prima media (sezione E) a Sarzana. Tre o quattro sono stati gli episodi che negli anni me lo hanno fatto scoprire, conoscere meglio ed apprezzare come persona e come poeta. Il primo risale all'infanzia quando bazzicavo, come altri miei coetanei, l'Unione Sportiva Luni per osservare gli adulti giocare a carte o alle bocce e cimentarmi a mia volta nelle prime partite. Fu qui dove alcuni adulti stupidi, (stirpe mai estinta), si divertivano a mettere zizzania tra i ragazzi per farli attaccare briga. Una volta uno di questi "adulti" riuscì ad innescare una discussione tra me e Cinzio su argomenti che non ricordo, fino a farci arrivare al punto di fare a botte.
Cinzio, già allora di dimensioni gigantesche (almeno una volta e mezzo le mie), avrebbe potuto ridurmi in polpette, invece dopo un accenno di lotta si lasciò mettere a terra.
Dopo quel combattimento, di cui non fui per niente orgoglioso, andai a casa a piangere di rabbia contro chi aveva spinto a picchiarmi con il ragazzo più tranquillo, pacifico e buono tra i miei amici d'infanzia.
Il secondo episodio fu quando, nel 1962, Cinzio mi regalò il suo primo libro di poesie "Il canto del ramarro".
L'anno precedente avevamo passato un periodo del servizio militare insieme nel II° gruppo del 33° Reggimento d'Artiglieria della divisione Folgore. Eravamo di stanza a Gradisca d'Isonzo sul confine della ex Jugoslavia oggi Slovenia.

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