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Vigilia di Natale

Vigilia di Natale

A quel tempo lavoravo a Milano. Ogni tanto, per passare qualche giorno di vacanza., tornavo al paese natio, dove avevo mantenuto la residenza, gli affetti famigliari ed alcune amicizie importanti, Alle festività natalizie, aggiungevo qualche giorno di ferie per rimanere per un lungo periodo dai miei. Mi piaceva tornare al mio paese, rivivere in famiglia le seducenti e un po' magiche tradizioni dell'infanzia mai dimenticate: il piccolo presepe di casa, l'albero di Natale pieno di palle colorate e di finta neve fatta di batuffoli di cotone, la cena della vigilia e la messa di mezzanotte.

Anche quell’anno avevo deciso di rientrare in auto il pomeriggio della vigilia di Natale con i due amici con i quali ero solito fare il viaggio da e per Milano. Dopo le quattro ore di lavoro previste dalla mezza festività mi incontrai con Paola e Vanni, con i quali solitamente condividevo i periodici viaggi verso la casa genitoriale. Caricammo valigie e regali e partimmo. Alle dodici e trenta eravamo all'ingresso dell'autostrada; all'una ad un autogrill in prossimità di Piacenza consumavamo un rapido pranzo. Alla partenza il cielo era sereno, anche se velato da una leggera foschia, e la giornata gelida. Quando uscimmo dall'autogrill il tempo era completamente cambiato: il cielo era grigio e stava iniziando a nevicare. Larghe e rare farfalle di neve appena a terra ghiacciavano formando un sottile strato vetroso.

Una vera disdetta per l'automobilista. Ci affrettammo a ripartire, ma proseguendo la fiocca aumentava in modo considerevole; dopo pochi chilometri sull'autostrada si era posato uno spesso strato di soffice neve e formata una colonna d'auto che procedeva a rilento. Uscimmo al casello di Fidenza per immetterci sulla strada che valicava la Cisa: non esisteva ancora l'autostrada Parma - mare. Nel frattempo lo spessore della neve era diventato impercorribile senza catene da neve. Una pattuglia della polizia stradale bloccava le auto non attrezzate in questo senso e aiutava gli automobilisti maldestri. Montate le catene proseguimmo. Il manto nevoso aumentava, la sede stradale si distingueva sempre di meno, anche per il calare della scarsa luce diurna, e procedere era sempre più rischioso. Fortunatamente incontrammo lungo la via Emilia un autocarro che ci fece da battistrada e spazzaneve per un lungo tratto. Giunti a Fornovo il camion si fermò e noi fummo costretti proseguire sulla strada della Cisa, in parte sgomberata dalla neve che continuava a fioccare ininterrottamente, da soli. Dopo pochi chilometri percorsi con estrema difficoltà fummo avvertiti da una nuova pattuglia di polizia stradale che il passo era chiuso a causa di un incidente tra grossi automezzi. A quel punto non ci rimaneva che tornare indietro o fermarci in un piccolo albergo incontrato qualche centinaia di metri prima. Decidemmo di fermarci. Altre volte mi era capitato di fare il lunghissimo percorso di rientro: Milano, Bologna, Firenze, Pisa, casa; ma in queste condizioni sarebbe stata un decisione troppo azzardata. Era l'occasione buona, anche se forzata, di valutare l'ospitalità e la cucina dell'albergo Miramonti che in più di una occasione avevo notato per la sua felice e in questo caso provvidenziale posizione.

La proprietaria fu sorpresa nel vederci sbucare dal bel mezzo della tormenta; in ogni caso fu gentilissima e piena di premure. Aveva ben capito la nostra condizione di sprovveduti automobilisti, originari di terra marina, di fronte ad una situazione meteorologica poco conosciuta.

Così dopo averci assegnato confortevoli camere riscaldate ci informò che la cena sarebbe stata servita alle nove insieme agli altri ospiti dell'albergo. .....

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